Il documento con il quale la sede apostolica istituì la Diocesi di Montemarano forse è andato perduto, se fino ad oggi non è stato ancora ritrovato.
Per Il Di Meo “è probabile che Montemarano sia stato decorato della cattedra episcopale sin dai primi secoli del Cristianesimo e che la serie dei suoi vescovi sia stata interrotta per le desolazioni cagionate dai Longobardi nel loro ingresso e per altre sciagure”. Tuttavia si può affermare con certezza che la diocesi di Montemarano già esisteva nel 969, se è citata dallo Zigarelli tra le trentadue diocesi suffraganee della Chiesa Beneventana, che proprio in quell’anno il Papa Giovanni XIII aveva proclamato “Arcidiocesi metropolitana”.
Secondo altri storici la diocesi fu istituita, per ragioni politiche, soltanto intorno alla metà del secolo XI. Comunque siano andate le cose, che la diocesi sia stata istituita
sin dai tempi del Cristianesimo per motivi prettamente religiosi o in tempi più recenti soltanto per motivi politici e per gli uni e per gli altri, il primo vescovo del quale si ha notizia è San Giovanni.
Egli nacque certamente a Montemarano, ma i fogli della “Legenda” che parlavano della nascita, della fanciullezza e della gioventù di Giovanni non sono giunti fino a noi, perché furono distrutti da un incendio della Cattedrale intorno all’anno 1500.
I Montemaranesi però, che conoscevano bene la sua vita di santo sacerdote, proprio perché era un loro concittadino che svolgeva il suo ministero in mezzo a loro, quando la sede vescovile restò vacante, subito lo elessero vescovo e inviarono i loro rappresentanti più ragguardevoli da Papa Gregorio VII in esilio a Salerno, perché ne riconoscesse e approvasse l’elezione. Il Papa, assunte le debite informazioni sulla vita di Giovanni e verificato che Egli possedeva i requisiti richiesti per essere il Vescovo della sua città, si rallegrò con la delegazione Montemaranese per tale scelta, ma dovette anche adoperarsi per convincere l’eletto ad accettare le responsabilità che tale dignità comportava.
Dopo la consacrazione da parte dell’Arcivescovo di Benevento, al quale il Papa di persona lo aveva raccomandato per mezzo di un suo Cardinale, i suoi concittadini, anche le donne e i bambini, gli andarono incontro ancora prima che arrivasse in città. Il primo in una Chiesa di Montemarano capoluogo, subito dopo la sua elezione a Vescovo, per la salute spirituale dei suoi concittadini; operò il secondo nell’attuale contrada Baiardo, allora S. Potito, sulle sponde del fiume Calore, per alleviare con un sorso di buon vino la dura fatica di chi allora dissodava la terra.
Le grazie e i miracoli operati dopo la morte sono tanti da doverne parlare in sede più appropriata. Qui vogliamo soltanto ricordare che il 14 aprile si celebra il Transito della sua morte mentre nei giorni 20-21-22 agosto si festeggia la Solennità del Patrocinio di S. Giovanni, cittadino,vescovo e protettore di Montemarano.
I nomi dei successori del Santo, rintracciati con tutta certezza, non sono pochi, propriamente se ne contano quarantotto. Tuttavia in queste note ci soffermeremo brevemente soltanto su coloro che hanno lasciato traccia di sé a favore della diocesi.
Primo tra essi, in ordine di tempo, è:
Giuliano Isopo (1494 – 1516).
Lo ricordiamo soprattutto perché ricostruì la Cattedrale quasi dalle fondamenta.
Antonio Gasparo Rodriguez (1552 – 1570)
Spagnolo, dell’Ordine dei Minori, il 10 maggio 1562 era a Trento per il Concilio, dove riportò lode di acuto Teologo. In diocesi si adoperò molto per l’esecuzione delle prescrizioni del Concilio, tra le quali la costruzione del Seminario. Il 20 ottobre 1570 fu promosso arcivescovo di Lanciano.
Marcantonio Alferio (1572 – 1595)
Beneventano, già Vicario Generale dell’Arcidiocesi, ci ha lasciato una Relazione “ad limina”, la più antica che sia giunta fino a noi e anche la più ricca di notizie sulla Diocesi. Da essa riportiamo tra l’altro e molto sinteticamente quanto segue. “La città di Montemarano confina con le terre di Cassano, Castelfranci, Castelvetere e Volturara che insieme costituiscono la Diocesi. La Cattedrale, dedicata all’ Assunta, è costituita da tre navate, è ben tenuta ed è tanto ampia da poter contenere i fedeli di tutta la Diocesi. Il campanile è dotato di quattro campane. C’è e funziona anche il pubblico orologio. Sono ben conservati i non pochi arredi per le funzioni del culto. L’archivio, più che custodire documenti distrutti dall’incendio della Cattedrale, conserva l’inventario dei beni del Patrimonio ecclesiastico. Artistico è il Battistero in pietra lavorata.
I resti mortali di San Giovanni, cittadino, vescovo e protettore di Montemarano, sono custoditi con ogni cura in vasi d’argento, nella cripta, altrettanto ben tenuta, al centro della quale vi è l’altare dedicato al Protettore. Entro le mura della città vi sono altre due piccole Chiesette e cappelle rurali”. Non poche le notizie riguardanti i quattro centri che formarono la Dioecesi.
Eleuterio Albergone (1611 – 1635)
Milanese, frate Minore Conventuale, fu eletto vescovo di Montemarano il 14 novembre 1611. Intelligente e preparato, governò la Diocesi per ventiquattro anni, che sono da considerarsi tra i più fulgidi della storia di Montemarano. Intensa fu la sua attività episcopale, ma l’Albergone è ricordato soprattutto per aver collocato le ossa di San Giovanni in un “Armadio – Reliquario”, appositamente costruito e allora collocato dietro l’altare del Santo nella Cripta e che, si ammira ancora oggi restaurato, al centro della parete del lato sinistro dell’abside.Procedette così a una vera traslazione, che dovette essere la seconda dopo quella della morte del Santo. Si legge ancora il suo nome in una epigrafe apposta “in cornu evangeli” in occasione della consacrazione dell’attuale Chiesa dedicata all’Immacolata ed allora destinata ai Minori Conventuali.
Francesco Porpora (1635 – 1640)
Scrisse “una storia di Montemarano”, che doveva essere importante, perché compilata sui documenti allora esistenti in archivio. L’opera, non pubblicata per la morte prematura dell’autore, andò perduta. Ancora in vita pubblicò un’altra opera, “Vita di Giacomo Gallo”. Rarissime le copie esistenti. Tuttavia non brillò come pastore, se visse i suoi cinque anni di episcopato più a Napoli che in Diocesi, “senza infamia e senza lode”.
Giuseppe Battaglia (1657 – 1669)
Questo vescovo è ricordato soprattutto per un miracolo di San Giovanni. Egli non credeva nel patrocinio del Santo. A un Montemaranese che soffriva di un certo male, aveva detto, come per canzonarlo, di rivolgersi per la guarigione al suo San Giovanni. L’ammalato gli credette, si rivolse al Santo e fu guarito. Il vescovo si ravvide e, finchè visse, si recò ogni notte nella cripta, attraverso un piccolo passaggio che dall’episcopio immetteva sul pianerottolo della scala di destra di chi vi scende e che aveva fatto costruire appositamente, per pregare davanti all’urna del Santo ed ottenere il perdono della sua poca fede.
Giuseppe Labonia (1670 – 1720)
Resse la Diocesi con intelletto e amore per ben cinquanta anni, periodo certamente il più fulgido della storia della Cattedrale episcopale di Montemarano. Delle sue tante opere, si ammira ancora oggi, gioiello di arte lignea, la balaustra intorno all’altare di San Giovanni nella Cripta. Il Labonia fu molto stimato da cardinale Orsini, Metropolita di Benevento e futuro Benedetto XIII, “al quale fu tanto caro che quando si recava a Benevento, il cardinale andava ad incontrarloe, dopo averlo abbracciato, gli chiedeva la benedizione”. Sulla sua tomba nella cappella di S. Maria della Verità del Monastero degli Agostiniani in Napoli, tra l’altro si legge: “Hic iacet Franciscus Coelestinus Labonia… ad Montismarani infulam…Quinquaginta annos episcopale munus admirabili aequanimitate atque invicta charitate exercuit…”.
Giovanni Ghirardi (1726 – 1745)
Ultimo dei pastori più attivi della diocesi, fu voluto e consacrato vescovo di Montemarano il 25 marzo 1726 dallo stesso Benedetto XIII, che nelle sue visite da arcivescovo metropolita di Benevento ne aveva ammirato le qualità di parroco solerte e pio della Chiesa di Cervinara. Non era più giovane, se aveva 68 anni, ma doveva portarli bene e soprattutto doveva godere buona salute, se governò la diocesi con diligenza ed entusiasmo per circa venti anni fino alla sua morte. Prima preoccupazione del nuovo vescovo fu quella di restaurare la cattedrale, la cripta e l’episcopio e potè farlo egregiamente, perché fu lo stesso Papa Benedetto XIII a far predisporre un progetto dei lavori da farsi e a finanziare tutta l’opera. Papa Orsini era legato da particolare affetto alla nostra Diocesi, non soltanto perché l’aveva visitata da delegato apostolico e arcivescovo metropolita nel 1711 ed altre volte ancora, ma anche e soprattutto perché era stato fraterno amico e grande estimatore del vescovo Labonia. Ma ascoltiamo lo stesso Ghirardi, quando parla nella sua “Reazione della vita di San Giovanni”, dei “Vescovi che governarono la Chiesa” di Montemarano. “… il Sommo Pontefice Regnante Benedetto XIII provvide con la sua solita benignità e mandò XXXVI Giov. III Ghirardi, che era arciprete di Cervinara, uomo sperimentato nella diocesi beneventana da esso Sommo Pontefice, creandolo Vicario Apostolico, acciocché procurasse riparare la chiesa, col provvedimento di più di centinaia di ducati, somministratagli da esso Santo Padre”. Per ricordare la munificenza del Papa, il vescovo riconoscente fece apporre due lapidi, sormontate dallo stemma pontificio ai due lati della porta maggiore della cattedrale. Ma il Ghirardi è ricordato anche perché effettuò la traslazione delle ossa di San Giovanni il 27 settembre 1726 nella sua “Relazione” già citata, perché si adoperò molto anche per la conservazione dei beni della Chiesa e per la restituzione di quelli indebitamente presi, perché tra le tante attività seppe trovare anche il tempo di dedicasi agli studi, perché fu uomo di grande fede. Concluse la sua laboriosa giornata l’8 ottobre 1745 in Cervinara e fu sepolto nella chiesa di S. Gennaro, che aveva già retto da arciprete fino alla morte di Mons. Verchio, suo predecessore.
Onofrio Maria Gennari (1745 – 1805)
Governò la diocesi in tempi difficili, ma per le sue doti di pastore saggio e solerte e la sua preparazione culturale riuscì a mantenersi estraneo alle lotte politiche del tempo e a dedicare tutte le sue energie alle esigenze della diocesi e dei diocesani. Il 4 ottobre 1789 presiedette ad uno dei Capitoli Generali più accesi e contrastati della Congragazione Verginiana con lo scopo di “mantenere la regolarità e il buon ordine”. Svolse certamente con dignità e competenza il suo ruolo, se G. Monelli O.S.B. del Partendo, nel presentare il volume della “Cronotassi dei Vescovi di Montemarano” di G. Passaro, scrive:”L’abbazia sente ancora di dovergli manifestare la sua riconoscenza”. “E noi ringraziamo Mons. Passaro, che ci ha dato la possibilità di deporre ai piedi della Cattedra vescovile di Montemarano il fiore della nostra gratitudine”. Dopo la morte di Mons. Gennai fu nominato Vicario Capitolare Domenico Gambale, già Vicario Generale. Con Bolla di Pio VII del 28 giugno 1818 la sede vescovile di Montemarano cessò di essere Diocesi e i quattro comuni che la costituivano furono aggregati a quella di Nusco.