Amore e lavoro, ciak a Montemarano

mercoledì 17 settembre 2014

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| Rassegna Stampa

Intervista ad Aldo De Francesco sul film "Due euro l'ora" di Adriano Padula

E’ febbre da set a Montemarano. A vivacizzare la vita di questo antico e suggestivo centro dell’Alta Irpinia, già apprezzato e noto come “terra del folk”, delle tradizioni popolari più originali e autentiche, per un polo enogastronomico tra i migliori del Sud, questa volta è un Film di intenso valore civile sulla piaga dello sfruttamento e della sicurezza nel lavoro, già da qualche giorno in lavorazione. Un tema molto scottante che trova un immediato impatto nel titolo dell’opera: “Due Euro l’ora”- scritto e diretto da Andrea D’Ambrosio, attori protagonisti Peppe Servillo e Chiara Baffi.

“La trama, ispirata liberamente a un fatto di cronaca, molto amaro, accaduto anni fa, servirà di sicuro a tenere sempre alta l’attenzione su un tema scottante e delicato, attraverso una rivisitazione che si arricchisce di una bella storia d’amore, non per edulcorare la problematica trattata ma per ricordare che, anche nei giorni più neri, si accende sempre una grande speranza. Guai se cosi non fosse”. Tiene a evidenziare Aldo de Francesco, giornalista e scrittore di origini irpine, montemaranesi, con il quale parliamo del film, che vive e opera Napoli e che ha molto caldeggiato la “location” del proprio paese.

Posso dirlo? Perché Montemarano?
“Sì, ha detto bene, caldeggiato. Non ho alcun merito, oltre quello di avere fatto da “messaggero”. Tutto nasce qualche anno fa nella sede della Casa Editrice Iuppiter di Napoli dalla collaborazione di lavoro tra mio figlio Massimiliano, il regista Andrea d’Ambrosio, che aveva da poco girato un documentario sull’Irpinia e conosceva già Montemarano e Maurizio Fiume, figura carismatica della cinematografia Italiana. Mentre si teneva il consueto settimanale stage sul cinema, venne fuori la possibilità che Montemarano potesse essere una degna “location” del film. Questa opportunità, tramite mio fratello, componente dell’amministrazione comunale, fu riferita al sindaco Palmieri , che se ne mostrò entusiasta. Dopo due anni non facili, di alti e bassi, come succede sempre in casi del genere, oggi il dato più importante e che conta è che il film sia iniziato. E alla grande! Naturalmente, conoscendo il rigore del produttore Porcelli, hanno giocato a favore della scelta una serie di compatibilità: ambientali, paesaggistiche, urbanistiche. E fatemelo dire: umane, la cordialissima e travolgente disponibilità in cui Montemarano eccelle. Ne sono molto contento, anche per altre motivazioni, legate a valori, più profondi, che vengono da molto lontano… “

Ce li può indicare?
“Il discorso è lungo ma lo riduco in pillole. Il mio paese ha una grande ricchezza genetica: è “figlio” della civiltà contadina, di un ruralismo, per intenderci, di stampo familiare, solidaristico, che neutralizzò anche la invadenza dei feudatari ed è stato trascinante in tutto. Quanto dico può percepirlo chiunque, leggendo i capitoli di Montemarano, tra fine ’500 inizi ‘600, i regolamenti comunali, in cui risulta chiaro e netto il rispetto che si è meritato questo popolo di contadini, ottenendo leggi molto favorevoli di tutela della ruralità e delle sue fatiche. Tale identità ben definita, oltre a farne un centro vivace e vitale, ha impedito che allignassero le piaghe del latifondismo, del caporalato. Tale tipo di netta connotazione identitaria agricola ha scoraggiato fenomeni di diffusi e illegali reclutamenti. Ma c’è anche dell’altro…”

Cosa?
“Sempre qui, lo dice la storia, in pieno medioevo, nel 1085, un grande e illuminato “vescovo riformatore rurale” del luogo, per usare un’ espressione di Montanelli, Giovanni da Montemarano, poi fatto santo, ribaltando coraggiosamente il concetto biblico del lavoro , visto fino ad allora come “condanna per l’Uomo” cacciato dal Paradiso, fu tra i primi a riconoscere un corrispettivo, una “mercede” agli operai, in quel caso, seguendo di persona, da vescovo, il dissodamento di alcune terre incolte, poi destinate a vigneti. Questo principio, lo dice Jacques Le Goff , va ricordato, è alla base della nuova Europa cristiana e delle legislazioni successive più avanzate, riprese subito dopo anche da Federico II di Svevia. Le sembra poco? per me è un fatto rivoluzionario”

Tornando ad oggi, quali i vantaggi del film?
“Il Cinema è cultura per chi lo fa e per chi ne gode. Vedere in questi giorni nel mio paese un interesse diffuso, un coinvolgimento nella lavorazione del film di una settantina di comparse e di un indotto imprecisato che gravitano intorno e dentro a questo gruppo di cineasti di primo piano, autori di opere importanti, produrrà di sicuro vantaggi, immediati e nel tempo. A me su ogni altro, pur giusto effetto, interessa eminentemente l’aspetto culturale, per il messaggio di civiltà che viene da questo film, per lo stimolo formativo, informativo e orientativo, che può dare ai giovani, facendogli vivere un’ esperienza nuova e chissà, forse anche significativa, per il loro futuro. Comunque sarà un’occasione per interrogarsi grazie a un contesto di interessante respiro sociale, visto dal di dentro. Diceva De Sica, un mago del Cinema, nei giorni in cui girava la “Ciociara” che, “non v’è occasione migliore, per trovare talenti, di quella di girare un film nella nostra imprevedibile e creativa provincia”. Che, a ben riflettere, di questi tempi, mi viene da aggiungere, non essendo cosa di tutti i giorni, quelle rare volte che capita, va utilizzata bene. Profitto, pertanto, per fare gli auguri ad Andrea D’Ambrosio, autore e regista, al produttore Enzo Porcelli e al suo team organizzativo tra cui Maurizio Fiume, motore straordinario di questa impresa, all’ottimo Peppe Servillo, alla bravissima Chiara Baffi, a tutta la troupe: sono certo che, nell’albo d’oro delle loro “location affettive, ricorderanno sempre il soggiorno caloroso di Montemarano e vi ritorneranno”.

fonte: http://www.iuppiternews.it